Demolitori navali in India
Uno dei mestieri più pericolosi al mondo

Uno dei mestieri più pericolosi al mondo
La demolizione navale (ship-breaking) è una delle attività più rischiose al mondo. La maggior parte delle demolizioni navali è stata spostata in diversi paesi in particolare nella Regione del Sud-Asia quali Bangladesh, India e Pakistan.
Bassi salari, regolamentazione inesistente, scarsa attenzione ai problemi ambientali: questi i motivi principali che hanno determinato la delocalizzazione dell’attività in questi Paesi.
India - Il cantiere di Aleng
In India i cantieri principali sono in Alang e Sosiya (nello Stato del Gujarat), che contano 55.000 lavoratori circa. A Mumbai (già Bombay, in Maharashtra) il settore occupa 6.000 persone.
La maggior parte dei lavoratori, emigranti da altre Regioni o Stati, sono reclutati attraverso agenzie e intermediari. Sradicati dai loro villaggi alla ricerca di un’occupazione, raggiungono i cantieri di demolizione navali a miglia di chilometri di distanza, vivendo di fatto isolati dal resto della comunità. Alloggiano a ridosso dei cantieri in cui lavorano in baracche o capanne, senza acqua potabile, servizi igienici elettricità. L’integrazione con la comunità locale rappresenta un’ulteriore sfida per i lavoratori e le loro famiglie. Per i lavoratori migranti anche ottenere i documenti necessari per accedere a beni essenziali è un processo difficoltoso.
India - Demolitore al lavoro
Ottenere le Ratio Cards, per avere diritto ad una certa quantità di beni di consumo essenziali per le famiglie a basso reddito o la carta d’identità, che serve ad accedere a servizi sanitari ed educativi o ai servizi di credito a volte diventa impossibile.
Con molti sforzi i lavoratori si sono costituiti in sindacati. A Mumbai hanno potuto fare affidamento sull’esistente sindacato dei portuali. Ad Alang il processo organizzativo è più difficile.
India - Il cimitero delle navi di Alang
TROPPE NAVI IN CIRCOLAZIONE. La corsa alla demolizione si spiega guardando alla perdurante situazione di stagnazione del trasporto marittimo, con noli ancora molto bassi e un imminente rischio di oversupply: un eccesso di stiva disponibile sul mercato causato dalle numerose consegne di newbuilding previste in questo periodo, a fronte di una domanda di naviglio da parte dei caricatori ancora mediamente debole.
Per questo, in molti casi, risulta più redditizio, o comunque meno oneroso, vendere le navi più datate a demolitori ricavando un buon introito grazie al valore dell’acciaio, piuttosto che continuare ad operarle con margini bassissimi, o addirittura in perdita.
India - Demolizione navi
ASSENZA DI REGOLE. Analizzando nel dettaglio le demolizioni dello scorso anno, Shipbreaking Platform evidenzia come il 65% delle navi mandate a scrapping in Asia meridionale – dove i controlli e le limitazioni sulla gestione di materiale pericoloso, come anche i vincoli relativi alla manodopera impiegata, sono pressoché assenti – battesse bandiere di comodo.
Tra le più gettonate dagli armatori europei Panama, Liberia e Bahamas, anche in questo caso scelte per la bassa tassazione imposta sui proventi dell’attività commerciale delle navi e per le grandi libertà concesse in materia di gestione degli equipaggi.
India - Operai impegnati nell'impossibile
PRIMATO DELLA GRECIA. Per quanto riguarda invece la nazionalità delle unità demolite – e in questo caso l’ONG non ha considerato la bandiera (per i suddetti motivi) ma la sede dell’ultimo proprietario conosciuto prima della vendita ai demolitori – primeggiano i greci (in forza del loro primato mondiale tra le flotte mercantili), con 167 navi spedite sulla spiagge del Far East lo scorso anno.
Seguono la Germania, con 48 unità, e la Gran Bretagna, con 30, mentre Norvegia e Olanda, rispettivamente con 23 e 5 navi demolite nel 2012, sono le uniche 2 nazioni ad aver registrato un calo rispetto all’anno precedente.
India - Il cimitero delle navi di Alang
DEMOLIZIONI TRIPLICATE PER L’ITALIA. Record di senso opposto, invece, per la Svizzera, dove la sola MSC di Gianluigi Aponte – che si può considerare a tutti gli effetti una compagnia elvetica avendo il suo quartier generale a Ginevra – è passata dalle 5 navi demolite nel 2011 a 23 nel 2012.
Incremento notevole anche per gli armatori italiani, che hanno venduto a scrapping il 300% di navi in più rispetto all’anno precedente.
Tra gli armatori nostrani ad aver demolito in Asia lo scorso hanno, Shipbreaking Platform ha individuato il gruppo carrarino Vittorio Bogazzi & Figli con 10 navi, l’ormai fallita BM Shipping, con 7 unità, le due compagnie genovesi Ignazio Messina e Stradeblu, con rispettivamente 4 e 2 navi vendute a demolitori del Far East.
India - La demolizione della portaerei francese Clemenceau
Seguono, con una sola nave mandata a scrapping lo scorso anno, i due gruppi partenopei Cafima e Grimaldi Napoli, la loro concittadina Polaris e la compagnia brasciana (con una sede anche a Singapore) Siba Ships.
Attraverso i fondi raccolti con il 5×1000 IRPEF 2009 e in collaborazione con ISCOS Nazionale nel 2012 è stato realizzato un intervento a supporto dei lavoratori indiani di Mumbai-Alang impegnati nella demolizione delle navi (Ship-breaking), una delle attività più rischiose al mondo.
ISCOS Nazionale – ISCOS Puglia
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