La conquista di Costantinopoli
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
In tutte le guerre oltre alla preponderanza degli eserciti e degli armamenti, agli eroismi, ai tradimenti, alla fortuna e al caso, ha sempre giocato un ruolo non trascurabile l’idea geniale capace di sovvertire il risultato.
Nell’aprile del 1453 Costantinopoli si trovava assediata dalle forze ottomane guidate da Mehmet II guida indiscussa di un poderoso esercito animato da inarrestabile spirito di conquista.
Forte delle sue triplici cerchie di mura e dalla barriera naturale rappresentata dai suoi mari, resa ancora più inespugnabile da una trincea galleggiante di tronchi ancorati con pesanti catene che rendeva il Corno d’Oro zona di protezione per una buona parte delle mura, la città si apprestava a resistere in attesa di rinforzi.
La battaglia di Costantinopoli - Immagine da www.giustiniani.info
Ma… alcuni giorni dopo la riva della collina di Galata prospiciente l’altra sponda del Corno d’Oro, si animò di migliaia di sterratori che con un lavoro furente spianarono buona parte della sua già modesta altitudine. Aprirono, a forza di badili e picconi un percorso agibile che poneva in comunicazione i due mari.
Su questa pista iniziarono a transitare le “Fuste” ottomane, biremi a vela latina, leggere e maneggevoli dotate di artiglieria e capaci di trasbordare sotto le mura della città un buon numero di soldati. Tutte le settantadue “Fuste”, trainate da centinaia di buoi e fatte scorrere su tronchi opportunamente ingrassati, presero il mare apprestandosi allo scontro.
La risposta della città, per quanto brillante non ebbe dalla sua la fortuna ma, al contrario, conobbe la sfortuna del tradimento.
Mehmed II - Foto da about-history.com
I numerosi brigantini, carichi di pece ed esplosivo, lanciati a vele spiegate contro la flotta nemica videro vanificare l’effetto sorpresa dal tradimento di un genovese, e finirono affondate prima che potessero realizzare il caos pianificato.
Ma Mehemet II aveva in serbo un’altra risorsa che avrebbe inferto il colpo decisivo alla resa della città. Le mura di Costantinopoli per quanto poderose non resistettero alle bordate di uno dei cannoni più potenti mai costruiti sino ad allora. Una bombarda di quasi 900 millimetri di calibro dal peso di 48 tonnellate capace di scagliare palle di pietra di 490 chili, posto in posizione di tiro ottimale dalla sforzo congiunto di cinquanta coppie di buoi.
Poche bordate aprirono una breccia nel luogo che prese il nome di Topkapi (porta del cannone) e non valsero da parte dei difensori cristiani l’invocazione di miracoli salvifici per mutare il destino della città.
Fabrizio Fattori
Foto in copertina da www.ilprimatonazionale.it
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