Lulworth, 1920: il restauro del secolo
CUTTER AURICO

CUTTER AURICO
"Consumato dal tempo e dall'abbandono".
"Ammorbato dal fango del fiume dove è rimasto per quarant'anni trasformato in house-boat".
Così si presentò lo scafo del cutter Lulworth all'armatore olandese Johan Van Den Bruele, uomo dalle larghe vedute.
Non pago di aver restaurato il ketch in acciaio di 30 metri Iduna, nel 2001 ha rilevato lo storico Big Class Gaff Cutter dal Cantiere Beconcini di La Spezia, dove lo aveva lasciato il precedente armatore, e lo ha trasferito nel Cantiere Darsena di Viareggio.
Qui ha avuto inizio uno dei più spettacolari recuperi degli ultimi anni: quello di uno scafo a vela d'epoca con oltre ottant'anni di storia. Il cutter Lulworth (ex Terpsichore, la musa greca della danza) è stato infatti realizzato nel 1920 dal cantiere White Brothers di Itchen (nell'Hampshire, in Gran Bretagna) su progetto di Herbert W. White.
Costruita in fasciame di mogano dell'Honduras su ossatura in ferro, l'unità misura 36,50 metri di lunghezza per 6,63 metri di larghezza. Maestosa e spettacolare sotto vela, apparteneva a quella classe di grandi cutter, meglio conosciuti come i Big Five, della quale facevano parte anche Shamrock V, White Heater II, Britannia e Westward.
Ma come procedere per rimetterlo a nuovo? La parola a Stefano Faggioni, giovane titolare dell'omonimo studio di architettura navale di La Spezia cui è stata affidata la rinascita di questo splendido yacht:
"Quando una barca arriva in condizioni quasi archeologiche bisogna prima di tutto ripercorrere le tracce della sua vita passata. Il caso di Lulworth è fortunato, perché si è potuta ricostruirne la storia attraverso i disegni dell'epoca e il rilievo del mobilio superstite".
Sorge spontanea una domanda: un progetto di restauro, quanto è una riproduzione passiva dei disegni e quanto innovazione?
"I piani generali si muovono attorno al salone e alle paratie superstiti che rimangono intonsi come un totem, ovvero uno spazio sacro da rispettare al centimetro", risponde l'architetto. "Tutto il resto è stato integralmente progettato ex novo, mantenendo l'aspetto dei pannelli e dei mobili del salone, in legno di mogano Honduras, adottati come modello per una logica uniformità di stile".
Stefano Faggioni titolare dell Studio Faggioni Yacht Design
Stefano Faggioni ha le idee chiare: la spina dorsale di un progetto di tale portata è rappresentata dalla mediazione tra il valore del bene storico-artistico, il desiderio di effettuare un intervento conservativo e l'impronta che il nuovo armatore vorrà dare al futuro della barca. Impossibile, anche per i più integralisti, ignorare la strumentazione e l'accessoristica imposti dall'evoluzione tecnologica.
Per esempio i verricelli elettrici, la telecomunicazione satellitare e una serie di servomeccanismi che hanno condizionato la maniera di andar per mare. Inconcepibile non prevedere comodi bagni per l'armatore e per i suoi ospiti. Ma se questa è solo un'esigenza di comfort, la tecnologia è in grado di supplire al lavoro un tempo svolto da un equipaggio fisso numeroso, utilizzando winch elettrici.
Risulterebbe infatti anacronistico imbarcare trenta marinai professionisti per tesare una cima di manila e issare rande monumentali come quelle di Lulworth… "L'importante è mantenere intatto lo spirito dello yacht", prosegue Faggioni, ponendo l'accento sulla deontologia professionale che impone agli architetti di non farsi forzare la mano dalle esigenze dell'armatore.
"Bisogna evitare a tutti i costi di snaturare l'immagine e il sapore della barca originale, quando si interviene riprogettando ex novo. Qui si rivela la capacita di adattamento del committente a una situazione atipica, dove comodità, tecnologia e bellezza devono armonizzarsi con il valore storico della barca".
Sotto questo aspetto il restauro di Lulworth è già di per sé positivamente fuori del comune. L'armatore ha comprato infatti questo vecchio cutter con l'intento di effettuare un restauro di tipo conservativo, anche se in cucina, così come nella zona carteggio ed equipaggio, si nasconderanno le più moderne tecnologie per la cottura, il governo dello scafo e quant'altro.
Lulworth è un raro esempio di unità d'intenti tra l'armatore, il project manager e l'architetto che ha il compito di proporre le soluzioni più opportune mediando e richieste del primo con le esigenze tecniche del secondo, filtrando il tutto attraverso la storia della barca.
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Van Den Bruele armatore del Lulworth |
La cultura e la professionalità necessarie per recuperare al meglio un monumento galleggiante come Lulworth traspaiono nei dettagli. Un esempio? Il design per gli attacchi a snodo delle specchiere di bordo o le luci di lettura, reinventati ad hoc in perfetta armonia con gli accessori originali.
Da questo progetto d'altri tempi, realizzato interamente a mano, è difficile distinguere il mobilio disegnato dallo studio da quello superstite. L'olandese Van Den Bruele è entusiasta. Ed e consapevole che un simile recupero non deve essere frettoloso. Lulworth è tornato a navigare nella la primavera del 2005.
Sino a quella data Giuseppe Longo, project manager, è stato delegato dall'armatore a seguire e a coordinare le attività di cantiere. " Il progetto di un restauro non si conclude infatti sulla carta, ma viene accompagnato fino al nuovo varo dal progettista che ha il compito di apportare eventuali modifiche in corso d'opera, dettate dalle infinite sfumature di cui si compone ogni grande restauro ", parola di Stefano Faggioni.
Paolo Maccione
Caratteristiche
ANNO | 1920 |
---|---|
CANTIERE | WHITE BROS (ITCHEN – UK) |
PROGETTO | HERBERT W. WHITE |
LUNGHEZZA F.T. | 36,87 m |
LUNG. AL GALLEGGIAMENTO | 26,58 m |
LARGHEZZA | 6,60 m |
PESCAGGIO | 4,75 m |
DISLOCAMENTO | 188 tons |
SUPERFICIE VELICA | 828 m² |
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