Tamata e l'Alleanza: autobiografia di Bernard Moitessier
Di Antonio De Leo
Di Antonio De Leo
Bernard Moitessier è un mito per tutti coloro che amano il mare, e tra coloro che amano il mare e la navigazione a vela non credo esista qualcuno che non abbia letto i suoi "la lunga rotta", "Capo Horn alla vela" e "Un vagabondo nei mari del sud", ma "Tamata e l'Alleanza" ha qualcosa di speciale, qualcosa in più, particolarmente nella prima parte del libro, dove Bernard parla dell'infanzia.
La stesura di questa autobiografia, iniziata nell' 85, si è protratta per ben otto anni e Moitessier l'ha scritta grazie alle insistenze della sua compagna di vita.
Tamata e l'Alleanza
di Bernard Moitessier
Autobiografia
Editrice Incontri nautici
Tanto per far capire ai meno appassionati di mare di chi stiamo parlando, citerò uno tra gli innumerevoli episodi della sua vita di navigatore solitario. Nel '68 Bernard partecipa alla prima edizione della regata attorno al mondo senza scalo, parte da Plymouth in Inghilterra, fa il giro del mondo passando per il Capo di Buona Speranza e per Capo Horn, è in testa alla gara, sarebbe il vincitore ma qualcosa dentro di lui si rompe, oppure si aggiusta, a seconda di come si interpreta il suo gesto. Prossimo all'arrivo decide che tagliare il traguardo sarebbe come tradire se stesso, dire al mondo che il mare si vive per un premio, dire a se stesso che lo scopo del suo viaggiare è quello di arrivare primo, allora fa una bella virata, passa di nuovo il Capo di Buona Speranza, nella peggior stagione dell'anno, e si rifugia, per ben vent'anni, in Polinesia, senza dare più notizie di se. Il tutto con una barchetta, che vedendola ancorata ad un molo, i velisti di oggi tremerebbero al solo pensiero di salirci sopra, una volta e mezza il giro del mondo senza fare scalo in nessun porto.
Tamata in polinesiano vuol dire "tentare", è il suo quarto scafo, lungo dieci metri ed a questo e all'Alleanza, intesa in senso filosofico, alleanza col mare, con la natura, con se stesso ed il suo modo di vivere, con la sua compagna e alla sua propria vita in continua "fuga" nel mare, che dedica la sua autobiografia. Nella prima parte di "Tamata e l'Alleanza" è il ricordo della sua età di bambino in Vietnam, ricordi lontani con descrizioni favolose delle terre e degli uomini, così nitidi nel tempo, così ricoperti di nostalgia e di luce fantastica e stranamente irreale, da renderli meravigliosamente "letteratura". E' veramente raro leggere pagine così belle che sarebbe valsa la pena far diventare la prima parte di questa biografia, fino all'arrivo della sua smania di fuga e di libertà, cioè all'età in cui partirà per il suo primo viaggio, un libro a se stante. Pagine dedicate alla sua Indocina, raccontate sotto quel velo leggero che solo il tempo assegna ai ricordi più belli rendendoli incanto. Pagine con descrizioni così intense dedicate alla terra natale fanno di questo libro, non solo la storia di una vita eccezionale, ma una storia eccezionalmente raccontata. Vi propongo l'inizio del III capitolo perché è difficile spiegare di cosa io stia cianciando:
"L'alba lontana non imbianca ancora il cielo e già corriamo nella notte per ritrovare i nostri compagni e scegliere insieme che cosa fare della nuova giornata. A letto con le galline, in piedi al canto del gallo, i nostri giorni qui sono colmi.
Sotto le verande delle capanne, il barlume dei lumicini alimentati dall'olio di cocco rischiara il primo pasto del mattino: una minestra di riso condita con nuoc mam piccante e qualche pezzo di pesce essiccato, cotto in un brodo fragrante d'erbe. Mentre gli uccelli ancora dormono, le famiglie stanno accovacciate attorno alla pentola di coccio posata al centro dell'ampio tavolaccio sotto ogni veranda.
Il villaggio si estende per più di un chilometro. Una ventina di capanne con i muri d'argilla e i tetti di paglia, distanziate da boschetti di areche lungo l'unica strada in terra battuta, con due carreggiate tracciate dalle ruote dei carretti e da generazioni di piedi nudi. Un alto schermo di paletti e di frasche intrecciate, ricoperte di foglie di cocco, nasconde i cortili di terra e placa i Monsoni. Un altarino non più grande di una colombaia, incavigliato su un palo a sinistra della capanna, rende onore agli antenati e agli dèi che vegliano sulla pace del villaggio."
In questa autobiografia di Moitessier c'è tutta la sua filosofia di vita, tutto il suo mondo, i suo affetti, il suo modo di affrontare le gioie e i dolori, le sfide delle sue traversate, le avversità dei naufragi e la forza per ricominciare ogni volta da capo, fino alla sua ultima e definitiva fuga verso un posto amato, vicino ad un isolotto deserto della polinesia, a spendere gli ultimi giorni che il cancro che lo porterà a morte gli potrà regalare, il suo ultimo viaggio di navigatore solitario.
Antonio De Leo
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