Invasi, cavalletti, puntelli, tacchi, selle: la sosta in secco… a prova di stabilità
di Sacha Giannini
di Sacha Giannini
Invasi, cavalletti, puntelli, tacchi, selle, e altro ancora almeno una volta all’anno, si prenderanno cura della nostra amata barca durante il lungo letargo invernale.
Occorre decidere dunque se stare fermi a riposo per diversi mesi svernando a terra oppure rimanere in acqua spesso dimenticati alle intemperie e alle preoccupazioni ?
Cosa fare allora ?
Affrontare un’altra voce di spesa spesso piuttosto onerosa nel budget annuale tra alaggio, varo, movimentazioni, taccheggio, sosta a terra e servizi complementari ?
E’ sicuramente l’occasione per fare alcuni controlli e manutenzioni alla carena, appendici, assi, eliche, zinchi, antivegetativa approfittando di far asciugare ( o pensare di ) il laminato senza farsi mancare prima del varo una rinfrescante lucidatina alle murate !
Per molti è anche l’occasione per ri-prendersi, dopo mesi di regate o pseudo-rilassanti crociere alternate a weekend manutentivi, quella rassicurante sensazione di non stare in pensiero per la nostra “amata” e immaginarla sicura, protetta e “sostenuta” tra le forti braccia dei nuovi compagni di sosta: invasi e puntelli.
Ma c’è da fidarsi veramente ? corriamo dei rischi, la barca soffrirà ?
Inevitabilmente soffre !
In acqua il suo peso viene distribuito e “sostenuto” uniformemente dalla massa del liquido ( concetto di dislocamento e principio di Archimede ) che solleva l’intera superficie dell’opera viva, in secco il peso si scarica in maniera puntiforme o al limite lineare limitando le superfici di contatto ai sostegni in opera ( selle, tacchi, puntelli, pali, etc ).
Una corretta distribuzione dei carichi, un perfetto equilibrio statico, una giusta pressione a tutti i punti di appoggio evitando ogni possibile sollecitazione rischiosa alle appendici e accessori sono alla base di un “alloggiamento a regola d’arte”.
Vediamo allora quali sono i basilari da ricordare in tutte le fasi dell’operazione di alaggio e di sosta a terra e l’idoneo supporto su cui “adagiare” la nostra barca.
Già durante la fase di alaggio il sollevamento provoca i primi stress. Per gravità la zavorra “appesa” è spinta verso il basso e per sollevamento lo scafo in molti casi è schiacciato dalle fasce verso l’interno. Bilancini non adatti, sottodimensionati o traverse della struttura ad H o a X troppo strette e lontane dal centro di gravità possono far soffrire la struttura. Il tiro ad “U aperta” con travel lift risulta essere il più adatto e meno stressante perché permette di regolare altezza, distanza, apertura semplificando anche la “messa in piano”.
La seconda fase è il posizionamento sull’invaso, taccheggio e puntellamento. Bisogna tener conto necessariamente della forma, del peso, della lunghezza, del materiale e del metodo di costruzione della barca, avendo cura di scegliere come punti d’appoggio e di scarico sulla carena le strutture di rinforzo interne e i punti più robusti come paratie strutturali ( resinate ), madieri, longheroni, nervature.
Se possibile lasciare qualcuno a bordo durante l’operazione o salirci appena possibile per cercare di sentire eventuali rumori o scricchiolii, verificare chiusura delle porte, allineamenti paglioli, mobilio e integrità o scollamenti vari.
Il principio generale è che il peso della barca deve esser sostenuto in buona parte dalla chiglia ( deriva, zavorra, bulbo ), mentre i sostegni laterali devono sopportare soltanto la spinta necessaria a mantenere in equilibrio e in posizione la barca, senza dunque sostenerne il peso della stessa.
Fatto questo, verifichiamo che non ci siano deformazioni o avvallamenti nel profilo del fasciame scongiurando rischi di danni strutturali, delaminazioni e scollamenti del ragno e/o controstampi.
Verificare inoltre le caratteristiche e la solidità del piano di calpestio ( piazzale ) e del suo carico ammissibile per metro quadro, stabilendo così il giusto passo dei sostegni.
Evitare puntellamenti su pareti di vetroresina senza nessuna costolatura interna o paratie strutturali o di irrigidimento, caricando la forza di gravità il più possibile sulla ragnatela dello scheletro portante della barca o su punti in grado di subire flessioni minime.
L’ideale sarebbe un’invasatura stampata sulla sagoma dell’imbarcazione ( uno stampo femmina ! ) o comunque regolabile alle forme della carena.
Posizionare l’imbarcazione in piano o volendo con un minima pendenza per evitare ristagni di acqua. Interporre tra lo scafo e i punti di contatto un primo strato morbido di adattamento ( compensato marino foderato o rivestito per evitare graffi e tagli ), una seconda tavola di legno duro di ripartizione delle spinte e infine cunei di forzatura ad angoli ridotti per adattare al meglio l’inclinazione del “pacchetto interposto” alle sezioni tonde della carena.
Posizionare tra la chiglia e il terreno o la struttura dell’invaso, in mancanza di idonei tacchi fissi in ferro, blocchi di legno fino a toccare uniformemente la base dello scafo. L’ultima fila dei blocchi andrebbe orientata con le fibre trasversalmente alla sezione longitudinale della barca.
Ma, vediamo quali possono essere i pro e i contro per giustificare l’operazione di alaggio per un periodo prolungato.
Di contro:
Un costo aggiuntivo da sostenere ed un eventuale rischio ( prevedibile ).
L’utilizzo della barca si riduce a zero.
Molte apparecchiature elettriche disalimentate per lungo tempo hanno maggiore rischio di condensa interna e di ossidazione.
A favore:
Si evitano correnti galvaniche, la tendenza ad accumulare umidità nei laminati ( igroscopicità della vtr e del gelcoat ), la possibilità di osservare e intervenire sull'opera viva e appendici, ma soprattutto evita quella spiacevole sensazione di pensare la propria barca abbandonata a se stessa…in acqua!
Meglio a terra al sicuro allora?
Spesso sento dire in banchina, nei cantieri o a cena tra amici se è meglio lasciare la barca a galleggiare o a seccare all’aperto ?
Personalmente ritengo cosa utile e responsabile considerare l’operazione di rimessaggio in un visione più ampia e di capire il perché nasce questo dubbio. E’ solo una questione economica ? siamo obbligati e intimoriti nel dover assolvere al carenaggio almeno una volta l’anno ? dobbiamo controllare qualcosa che ci preoccupa o vorremmo dedicarci a un make-up generale prima della prossima stagione estiva ? o veramente pensiamo di asciugare la barca ?
Il lavoro fai da te, il più delle volte, non è consentito ( per regolamenti di sicurezza nei luoghi di lavoro ) o solo con forti restrizioni che limitano ad interventi che non giustificano l’operazione ed il costo.
Molti cantieri ( ne esistono di seri e professionali come altri improvvisati e poco affidabili ) cercano di sfruttare al massimo ogni centimetro quadrato di spazio a disposizione e applicano tariffe spesso più basse per svernare a terra invogliando così il diportista a considerare lo “sconto” sollecitato dal fatto che “…bisogna fare carena “…per farla fare però, da altri !
Consideriamo un 12 mt a vela, una carteggiata veloce, due mani ( diluite o piene ? ), il colore è a scelta, due zinchi, due o tre giorni di lavoro, circa 1000 euro di manodopera escluso il materiale !
Per le operazioni di scalo: alaggio e varo, lavaggio carena, movimentazione e posizionamento, antivegetativa e sosta su piazzale ( mq/mese ) dobbiamo considerare circa 2000 euro. A fronte del risparmio ottenuto ( se reale ) per la sosta a terra ci troveremo ad avere 2000 euro in meno in tasca ma con una carena a prova d’attacco biologico ( per altri 6 mesi ), un nuovo popolamento di biocidi in mare, un pensiero in meno e la certezza che timone, zavorra, asse ed elica sono ancora li e nello stesso posto dell’anno scorso !
Scegliere cosa fare è una questione di stile, non di moda! Avere le idee chiare e conoscere cosa serve alla propria barca. Tante sono le variabili che entrano in gioco: il tipo di barca, il materiale, il tempo, il luogo, il portafoglio, l’età ( di entrambi, barca e armatore ), la disponibilità d’ormeggio, le ansie, la razionalità, le necessità e la programmazione d’interventi, l’utilizzo, la sicurezza e la consapevolezza che “prendersi cura” è un atto doveroso e spesso…non ha prezzo!
Sistema combinato puntelli-cavalletti per barche della Naval Tecno Sud
Personalmente ogni anno controllo e curo a secco e in acqua la mia amata barca.
Buon vento
Arch. Sacha Giannini
architetto@sachagiannini.it
338 4402633
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