Il futuro del motore marino... Elettrico, ibrido o idrogeno ?
di Sacha Giannini
di Sacha Giannini
Dunque un motore diesel necessita ogni 150/200 ore in media di sostituire il lubrificante, i filtri, le giranti, il liquido refrigerante, l’olio dell’invertitore, in più una serie di costi di manutenzione straordinaria:
Ogni 3 o 4 anni dobbiamo provvedere alla revisione dell’impianto refrigerante, i silent block, la turbina, la pulizia degli scambiatori, ogni 7 o 8 revisionare certe guarnizioni, il sistema di iniezione del carburante, oltre a ripetere quel che già abbiamo fatto 3 o 4 anni prima ! ogni 10 o 12 anni il gruppo termico, cuscinetti, le fasce elastiche, la linea della marmitta etc.
Dobbiamo revisionarli e curarli se non vogliamo sorprese in mare o peggio ancora all’imboccatura del porto, con molta perseveranza e soldi se non sopraggiunge prima un guasto come tanti.
Al giorno d’oggi un litro di gasolio nei porti costa circa da 1.6 a quasi in alcuni casi 2 €/Lt. Un 30 kw ( 40 cv ) consuma da 3 a 6 lt/h a seconda della sua vetustà e a seconda dello scafo che equipaggia. Tradotto vuol dire che se fermi in rada e vogliamo ricaricare le batterie per la birra fredda, la lettura serale, la musica ed il salpancora siamo costretti a spendere almeno una decina di euro al giorno. E non ci siamo ancora spostati !
Se poi navighiamo anche quando c’è bonaccia? Quante ore facciamo in un anno? E nei prossimi dieci anni? Per non parlare di tutti quelli che escono dal porto, fanno 30 minuti di navigazione, gettano l’ancora e dopo qualche ora rientrano in porto.
Perché non avere allora una barca ad emissioni zero, manutenzione e costi di esercizio ridotti notevolmente?
Oggi le navi da lavoro, quelle da guerra, le cargo e passeggeri (il 100%) usano esclusivamente la motorizzazione elettrica per maggiore manovrabilità, risparmio e soprattutto sicurezza in termini di affidabilità.
Ma nel diporto cosa conviene?
Se con la nostra barca a vela facciamo navigazioni più o meno lunghe la scelta è una questione di stile: se siamo pronti ad accendere il motore ogni volta che il vento non ci offre la condizione di velocità o di rotta o di sbandamento ideale, allora scegliamo l'ibrido e i vantaggi della propulsione elettrica, ma se amiamo la vela anche a 2 nodi scegliamo un modello con la funzione di ricarica in trascinamento per dare energia alle batterie ad ogni bordo!
Il motore elettrico “puro” è un motore che per funzionare usa delle batterie e queste, a loro volta, possono essere ricaricate da una rete elettrica quando siamo ormeggiati in banchina, quando andiamo a vela (se previsto ), da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico ecc..).
Il motore ibrido è quel sistema che si sposta grazie ad un motore elettrico, ma per la ricarica delle batterie conta anche su un gruppo elettrogeno (chiamato genset ) oppure, in alternativa, su un motore diesel in linea d'asse con quello elettrico che può essere vincolato o svincolato da quest'ultimo; ne risulta in questo caso che posso andare a motore, ad elettrico oppure a motore più elettrico per avere maggior potenza.
Il Genset gira ad un basso numero di giri ed è ottimizzato per dare a quel numero di giri la massima efficienza (in termini di corrente) e il minor rumore/vibrazione, consumo di carburante ed, inoltre, si può isolare acusticamente in maniera sorprendente.
Prima di capire cosa ci conviene installare, dobbiamo fare il punto sulle batterie che sono un po' come il serbatoio del motore che siamo abituati ad usare: più è grande, più abbiamo autonomia, ma più risorse dobbiamo spendere per fare il pieno!
In base al tipo di imbarcazione e al numero di batterie a bordo, il motore elettrico presenta tempi di ricarica e di autonomia differenti. Generalmente una batteria permette di navigare per un ora e richiede una o due ore per ricaricarsi. La ricarica può essere effettuata in banchina, con una presa della corrente, ma anche in movimento. Mentre è in funzione il motore diesel, infatti, quello elettrico inverte il suo funzionamento e si trasforma in un generatore in grado di autoalimentare le batterie.
Il costo del motore ibrido supera ad oggi di 10-15 mila euro quello tradizionale. Attualmente sono stati commercializzati circa dieci prototipi, la diffusione del prodotto è stata limitata principalmente a causa della forte crisi che ha colpito il settore nautico negli ultimi anni. Tuttavia, i segnali di ripresa del mercato hanno spinto le aziende a portare avanti i progetti.
Il sistema ibrido offre dunque la possibilità di coniugare in un unico mezzo i vantaggi di un motore diesel: velocità, potenza e ampia autonomia e quelli di uno elettrico: zero emissioni, nessun rumore e ridotta generazione di moto ondoso. L’imbarcazione può passare facilmente da una modalità all’altra mentre è in movimento e transitare anche in aree marine protette senza impattare sull’ambiente. Infine, durante gli spostamenti con il motore tradizionale, quello elettrico è in grado di autoalimentarsi, azzerando i tempi di inattività dovuti alla ricarica in banchina.
Sebbene passare all’elettrico, rappresenta il futuro, per scelta ideologica e responsabile, o per valutazioni di tipo economico sul lungo periodo (zero costi di manutenzione e di carburante), ad oggi i costi di installazione ( rimotorizzazione ) nel parco nautico esistente del diporto a vela, costituito per il 70% da piccole e medie imbarcazioni datate, non determinano dei vantaggi immediati nella previsione di vita delle stesse nate negli anni 80-90 ed ancora naviganti. Bensì il vantaggio risulterebbe nel nuovo.
L’idrogeno a bordo
L’utilizzo di combustibili alternativi, nuovi e più vantaggiosi “vettori energetici” come l’idrogeno, prodotto da Fonti Rinnovabili ed applicato in abbinamento a celle a combustibile, motorizzazioni elettriche ad alta efficienza rappresenta non soltanto un’innovazione ma il vero traguardo verso cui la nautica deve guardare.
Nel futuro della nautica sostenibile troviamo dunque le tecnologie dell’idrogeno.
Numerosi studi finalizzati all’inserimento dell’idrogeno nel contesto nautico hanno dimostrato come un’imbarcazione possa divenire completamente indipendente da qualsiasi infrastruttura per la fornitura dell’energia perché l’intero processo avviene internamente all’imbarcazione.
Le imbarcazioni si muovono quindi “dentro” una fonte inesauribile di idrogeno, traendo dal sole e dal vento l’energia necessaria per alimentare il processo elettrolitico attraverso il quale si ottengono idrogeno ed ossigeno.
Questa catena sole-vento, eletrolizzatore, acqua, idrogeno si dovrà realizzare sia nei distributori nei porti, sia a bordo di imbarcazioni a vela. L’idrogeno immagazzinato a bordo mediante contenitori in fibra di carbonio potrà essere utilizzato per alimentare celle a combustibile (fuel cell) o utilizzato come combustibile in motori a combustione interna, da solo o mescolato al metano.
Le imbarcazioni a vela navigano per lo più con il vento e utilizzano il motore solo limitatamente alle manovre in porto e a determinate condizioni di navigazione. La riserva di idrogeno a bordo non deve essere necessariamente molto grande, anche perché le imbarcazioni a vela utilizzano tipicamente motori di piccola potenza. Questo consente di pensare di poter produrre idrogeno a bordo durante la navigazione, anche perché si dispone di spazi e di alberi che lo consentono pensando di produrre idrogeno utilizzando rotori eolici verticali e fotovoltaico.
Il gpl
Non si parla quasi mai di barche a GPL, eppure è una soluzione del tutto percorribile e anzi già avviata in molti paesi d'Europa. Riduce le emissioni inquinanti del 20 % in aria e dell’ 80 % in acqua, senza contare tutto l'inquinamento "collaterale" dovuto a perdite di carburante, spurghi, lavaggio "selvaggio" dei serbatoi, naufragi.
Purtroppo c'è da dire che il beneficio economico sulla nautica non è forse così rilevante, se pensiamo che chi possiede imbarcazioni di grandi dimensioni non ha certo il problema dei costi di utilizzo, ed il piccolo armatore, che usa la barca pochi giorni all'anno e non necessariamente utilizzando il motore (es. barche a vela), non risparmierebbe cifre notevoli. Anche i nuovi motori a scoppio, sempre più "green", di certo non aiutano lo sviluppo del GPL.
In Italia, come spesso succede, non c'è ancora una normativa adeguata che consenta lo sviluppo di questa alternativa, soprattutto per l'eccessiva burocrazia per la realizzazione di infrastrutture di rifornimento adeguate nei porti.
Quindi teniamo a mente le poche regole d’oro. Ricambi originali il più possibile, service autorizzati, intervalli regolari di manutenzione, condizioni di utilizzo, pulizia della carena e appendici, e un fai da te misurato senza sfogare la propria lodevole creatività sul nostro motore.
Arch. Sacha Giannini
architetto@sachagiannini.it
338 4402633
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